IL MERCATO DEGLI AFFITTI BREVI E “TURISMO LAVORATIVO” POST COVID

Il mercato degli affitti brevi ha subito un forte contraccolpo dalla situazione covid. Male va per gli affitti in città, un po’ meglio per le località turistiche, ma nulla di paragonabile al 2019. Intanto “Italianway” immagina un futuro in cui i borghi diventano protagonisti di un nuovo turismo lavorativo. Ne abbiamo parlato con il ceo Marco Celani.

Secondo il punto di vista di Italianway cosa sta succedendo sul mercato?

Dal punto di vista della clientela, nei mesi tra marzo e maggio si è avuto un azzeramento pressoché totale. Ad aprile qualcuno è tornato a prenotare, prevedendo che a giugno ci sarebbe stata una ripresa; a maggio i volumi delle prenotazioni erano già raddoppiati, e ancor più a giugno e luglio, in termini di pick-up per periodi successivi. La situazione però è cambiata: se prima nel mondo del turismo extralberghiero si parlava di volumi mensili ora i periodi sono molto più flessibili.

In che modo è aumentata la flessibilità negli affitti brevi?

Sono previste tariffe rimborsabili, possibilità di cancellare; l’incertezza si è tramutata in flessibilità di offerta. Inoltre è sempre più importante dimostrare di avere protocolli di igienizzazione e sanificazione. Si tratta naturalmente di un processo che va ripetuto nel tempo e che va oltre la semplice pulizia, per cui ha dei costi, che diventano parte delle tariffe.

Il turismo di prossimità può essere una via?

E’ un trend che si sta delineando, e lo si vede soprattutto al nord, dove le prenotazioni in montagna parlano di tutto esaurito. Ogni luogo che può essere raggiunto in auto è sold out. Il problema è infatti proprio l’incertezza sui trasporti che disincentiva viaggi lunghi: il rovescio della medaglia è la riscoperta di zone che tradizionalmente non erano delle mete turistiche ma lo stanno diventando. In particolare con lo smart working molti affittano case in zone non prettamente turistiche ma comunque fuori città, ad esempio ville con wi-fi e piscina in borghi storici, in modo da poter lavorare mentre la famiglia si gode il relax e potersi poi unire una volta finito di lavorare, o organizzare attività ricreative nel weekend. Un trend che prima era solo dei dirigenti, ora anche solo dei semplici dipendenti.

Riusciremo mai a tornare a livelli pre-pandemia per il mercato?

L’Italia non ha una grande tradizione industriale, che pesa solo per il 28% del Pil totale: il resto lo producono beni e servizi. Se ci facciamo passare la voglia di socialità, provochiamo da soli la recessione. Quindi, tranne chi evidentemente ha seri problemi economici, sarebbe auspicabile che chi può non rinunci a viaggiare: se si accumula risparmio improduttivo si realizza infatti proprio la paura che si teme. Sono i ricavi delle imprese che sostengono stipendi e consumi, non si può contare all’infinito sugli ammortizzatori sociali. Quindi come tornare a crescere? Con coraggio e responsabilità, non rinunciando al turismo, pur rispettando, evidentemente, le norme del distanziamento sociale e dell’igiene.

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